Danilo Dal Maso

Uno dei tanti aspetti della personalità di Danilo era la sua cultura del ricordo. L’autoradio di Danilo era costantemente sintonizzata su una emittente trevigiana, che trasmetteva soprattutto musiche popolari.

Uno dei tanti aspetti della personalità di Danilo era la sua cultura del ricordo. L’autoradio di Danilo era costantemente sintonizzata su una emittente trevigiana, che trasmetteva soprattutto musiche popolari.

“C’è un po’ di spazzatura – diceva – ma ogni tanto mandano in onda autentiche perle rare d’antan”. Così ogni tanto seguiva sottovoce vecchie canzoni in voga nel dopoguerra, che evidentemente riaprivano nella sua mente luoghi, uomini, situazioni, atmosfere di una volta.

Danilo si fermava ad ascoltare i vecchi, voleva sentire i loro racconti di vita, collegava testimonianze, cercava riscontri. Dava valore agli attrezzi e alle piccole cose usate: una sporta, un cappello, una gavetta militare, un bastone… tutto per lui aveva un vissuto, una storia da raccontare.

Benché indulgesse in qualche nostalgia, il suo non era un abbandono, un perdersi nella memoria: sentiva invero il bisogno di evitare che quelle tracce, quei messaggi, quegli affetti, quei valori, quel mondo che aveva colto da ragazzo non venissero dispersi e consegnati in silenzio all’oblio.

Questi sentimenti lo hanno accompagnato nell’affrontare con serietà e competenza, anche se con qualche diffidenza, le innovazioni tecnologiche che si sono succedute in questi ultimi tempi. Così, per fare un esempio banale, quando dovette scegliere il nome per l’indirizzo di posta elettronica optò per Masopust: un po’ per assonanza con il suo nomignolo di Maso, un po’ per recuperare il campione di calcio degli anni 50/60, centrocampista del mitico Dukla di Praga. Nacque così il suo recapito email: masopust@…

Josef Masopust viaggia verso gli ottanta, il suo paesino di nascita, Strimice, è stato demolito per far posto ad una miniera di carbone, il Dukla di Praga non esiste più e, a dire il vero, neanche la Cecoslovacchia c’è più. Ma nella memoria di Danilo c’è quel Masopust, una figurina collezionata con affetto, incollata nel suo albo personale dove si incrociano molte altre: il prete, il combattente della Grande Guerra, cavessagne innevate, el massolin, cortili assolati, l’emigrante, le statuette dei Tre Re Magi, el sagraro…

Non i grandi condottieri o sovrani che gremiscono i libri di storia, ma le tante figure che hanno popolato il mondo contadino e sono vissuti all’ombra di un campanile di paese. Sono i personaggi della storia minima che, secondo il pensiero di Danilo, non sono solo i protagonisti e le comparse dei suoi lavori, ma ne sono anche i veri autori.

Danilo ce li ha consegnati come un piccolo forziere di caratteri, di vizi e virtù, invitandoci a guardare con benevolenza le piccole cose, quelle che sfuggono alla folla e all’osservatore ufficiale, quelle che le prime pagine e, spesso, le istituzioni dimenticano e accantonano.
Danilo li ha voluti dipingere con un profondo affetto e li ha trasfigurati con una amabile dose della sua irrinunciabile ironia.

Quasi cinque anni sono trascorsi da quando Danilo se n’è andato, una notte di carnevale. Un altro anno si va chiudendo, ma è indubbio che sia tuttora vivo in noi il ricordo di un amico che ha lasciato il segno nel cuore di qualcuno e nei giorni di tanti. Ogni volta che se ne va una persona che ci è cara, il nostro universo personale si restringe un po’, per qualcuno molto. La vita, pur continuando, perde dei punti di riferimento che spesso erano unici: i calendari e gli orologi continuano a girare come sempre, ma il mondo si fa più piccolo, diventiamo un po’ più soli. Danilo è morto in una notte di luna nuova, una notte senza luna.

Se ne è andato in corrispondenza del termine di un ciclo naturale, nel momento più buio: par quasi che egli, così attento a quei fenomeni della natura che hanno guidato generazioni di contadini, sempre colpito dal fascino delle stelle, abbia voluto scegliere un momento significativo per salutarci.

Da questa forse strampalata considerazione, che però gli sarebbe piaciuta, sono nati quattro versi traballanti, scritti in una notte di luna piena nel gennaio 2011, dedicati con affetto a Danilo.

Luna piena

Me cato qua stanote a vardare
lassù la luna col tondo compìo.
De fianco, lo sento, l’é me compare;
quasi ogni dì, me lo cato da drìo.
Ricordito Danilo quando la jera
del vecio Poiana la muta morosa?
Anca ela spetava ogni sera
del strologo la storia curiosa.

E i to polastri in gabia sarà
el zolo ciapava, che gran sfortuna!
On scherso alegro, ben parecià:
de scondon rideva parfin la luna.
Chi pol ch’el pàroco dismentegare
col rosario in man a dir su el tarséto
in onor de on morto da incensare…
ièrelo el nono opur el mas-céto?

S’ciàrame, luna, ‘l sagraro bandito
co le so’ quatro bale vinti franchi.
Sconvolgente, lo gonti zà dito?
Co’ spomilie pevarini e crocanti.
Fame rivare ancor la camionéta
da Pistoni maressialo comandà;
mandamela par poco, par on’oréta
co’ l’ultimo saluto da congedà.

Fane on scherso, de quei pì boni,
metendo insieme sol par na nòte
vagabondi sognatori e burloni
che sol l’amicissia i porta in dòte.
Ma no’ sta fare come me compare:
questo qua, che on carnevale amaro
l’è partìo quasi sensa saludare,
sensa la luna, ‘na note de genàro.

Cala la luna, po’ la va cressendo
se desfa pian pianèlo le giornate
stimane e mesi e via discorendo,
dal canpanile le ore le bate.
Danilo, quanti ani zé passà
dal scherso là de metà carnevale?
On fià mi me perdo, sarà l’età,
ma el ricordo tuo l’è tale e quale.

I fa presto a dire ‘No’l ghe zé pì”.
Stanote te sì qua… me sa de sì.
Varda la luna, la ride de mi.
Danilo mio, la védito anca ti?